Quando il Veneto avrà ottenuto dallo stato l’autonomia promessa da più di due anni, non dobbiamo pensare che il discorso autonomista sia concluso. Sarà anzitutto necessario riformare lo Statuto del Veneto per garantire una gestione efficiente delle nuove competenze, evitare un nuovo accentramento del potere in capo a Venezia e tracciare il percorso verso l’autogoverno dei territori.
Molte parti politiche hanno sostenuto in questi anni l’autonomia del Veneto. Gran parte di queste, tuttavia, ha di fatto promosso la sostituzione del centralismo Statale con un neo-centralismo Regionale, spesso per personale tornaconto politico, oppure ha avvocato timidi modelli di semplice devoluzione amministrativa. Non è sufficiente.
Per ottenere l’autonomia serve una nuova articolazione dell’ordinamento che la incorpori in modo organico, superando l’idea secondo cui l’ente più grande concede, arbitrariamente, gli spazi di autonomia entro cui l’ente più piccolo può governarsi . È quindi necessaria una radicale riforma dello Statuto del Veneto, il cui perno dovrà essere il diritto delle singole comunità di decidere riguardo alle proprie istituzioni e agli strumenti della vita democratica.
Il nuovo Statuto non sarà espressione delle volontà di palazzo, ma manifestazione della volontà degli stessi cittadini, che per questo vanno coinvolti attivamente nel processo costitutivo, in un processo che deve svilupparsi dal basso verso l’alto, attraverso consultazioni che coinvolgano la pluralità del tessuto della società civile veneta, in campo sociale, economico e associazionistico.
La fase costituente del nuovo Statuto potrà seguire il modello dell’Assemblea costituente Islandese, che tra il 2010 e il 2012 ha scritto la nuova carta fondamentale del Paese. Essa è stata un ottimo esempio di come gli strumenti della democrazia diretta possano permettere di costruire un processo partecipativo e trasparente dove i cittadini sono i primi attori del cambiamento.